Come avvenne l'Unità d'Italia, spolpando il Sud con cattiveria

Giuseppe Ursino

Giuseppe Ursino

La questione meridionale è nata con l’Unità d’Italia. Il brigantaggio è figlio di quella stagione. Intere popolazioni furono incarcerate, come nella provincia di Agrigento. Il ministro degli esteri dell’epoca cercò addirittura di farsi dare dagli inglesi una landa desolata dove deportare i meridionali, senza però riuscir a convincere lord Granville. Da un giorno all’altro nel Regno delle Due Sicilie le tante aziende che lavoravano per lo Stato persero l’intero stock di commesse, stornate interamente al Nord, portando al licenziamento improvviso di decine di migliaia di lavoratori. Anche le tante persone che lavoravano per le aziende ecclesiastiche meridionali furono di botto licenziate, perché vennero requisite e vendute da Torino per far cassa. Mentre in altri stati preunitari annessi fu concessa un’annessione soft, al Sud si fece il peggio perché il Piemonte era pieno di debiti e il Regno delle Due Sicilie era pieno di soldi. Fu un calcolo cinico, non si poteva avere nessuna pietà. Oggi sembrerebbe strano, ma a quel tempo non esisteva una reale differenza Nord-Sud in termini di reddito pro capite. La prova è che negli anni precedenti l’invasione dal Sud non emigrò nessuno, mentre in tanti andarono via da tutto il Nord. Soltanto dopo l’occupazione, il saccheggio e l’inutile resistenza armata, i meridionali cominciarono a emigrare a milioni. L’oro delle riserve borboniche, più il circolante trasferito, più la vendita dei beni demaniali ed ecclesiastici, per Torino d’un colpo si risolsero tutti i suoi problemi finanziari. E, nel mentre, solo per il Sud sconfitto si elevarono le tasse e la costruzione delle infrastrutture fu dirottata tutto al Nord: porti, strade, ferrovie, scuole,…

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