I dati economici e sociali della Sicilia sono da malato terminale

Giuseppe Ursino

Giuseppe Ursino

Nei 20 anni che precedono l’ingresso nell’euro (1981-2001), il prodotto interno lordo dell’Italia è cresciuto ad un tasso medio annuo reale del 1,9%, il Mezzogiorno ad un tasso dell’1,7%, mentre la Sicilia è cresciuta ad un tasso medio dell’1,4%, il più basso fra tutte le regioni del Paese. Quindi, i nostri problemi precedono, e di molto, l’euro.
Con un reddito medio pro capite pari a circa due terzi della media nazionale, la Sicilia dovrebbe crescere più degli altri per convergere verso le regioni più ricche. Invece, negli ultimi 10 anni, la nostra regione è cresciuta solo dello 0,3% annuo. Per il quinto anno consecutivo l’occupazione si riduce (-0,5%), non solo nell’industria e nelle costruzioni, ma anche nel comparto dei servizi (-0,6%) che impiega oltre tre quarti dei siciliani. La situazione è in ulteriore peggioramento: i dati sul primo trimestre 2012, rilasciati dall’ISTAT, evidenziano un ulteriore innalzamento del 4% che ci porta al 19,5%, ai livelli della disoccupazione pervasiva dei primi anni ’90. Considerando i dati standardizzati INVALSI e PISA, le performance medie degli studenti siciliani in italiano e matematica (per INVALSI) e in lettura e matematica (PISA) sono peggiori non soltanto nel confronto con la media nazionale, ma anche con la media dello stesso Mezzogiorno. Sul fronte dell’educazione universitaria la Sicilia vanta una percentuale di laureati del 12,3% contro un più corposo 14,8% nazionale. Se negli anni ‘80 l’incidenza sul PIL regionale dell’industria era poco meno del 20%, nel 2009 si fermava a poco meno dell’8% ed oggi è in caduta libera. In base ai risultati dell’indagine INVIND della Banca d’Italia, solo il 52% delle industrie siciliane ha chiuso il bilancio in utile nel 2011. Nelle imprese industriali siciliane ci sono 30 mila occupati in meno tra il 2003 e il 2010 ed oggi il dato è ancora nettamente peggiorato. L’incidenza sul PIL della Sicilia delle esportazioni è del 3,5% (al netto del petrolio) ed in particolare é indirizzato solo verso Francia, Germania e Spagna, non riuscendo ad entrare nei mercati in rapida crescita e più prospettive (BRICS). Oggi la Sicilia è solo una regione che consuma grazie al settore pubblico allargato che supera il 60% del PIL regionale. La Regione Siciliana, secondo l’annuale relazione della Corte dei Conti, ha 20.288 dipendenti, di cui 1.917 dirigenti! Il privilegiato statuto speciale della Regione Siciliana garantisce alla Sicilia di trattenere buona parte delle tasse raccolte a livello locale (IRES, IRPEF, IVA – circa quattro quinti del totale delle entrate tributarie), accanto ai consueti trasferimenti e ai tributi locali (addizionale regionale IRPEF, IRAP). Ciononostante, la Regione Siciliana ha un indebitamento enorme, pari a 5,3 miliardi. Con riguardo alla programmazione 2007-2013 dei fondi europei, la spesa certificata al 5° anno dall’inizio del ciclo si ferma solo al 13,2%. La Sicilia non può permettersi di perdere oltre 7,5 miliardi di fondi UE non spesi, non ha senso. I siciliani facciano un mea culpa sul ceto politico che si sono scelti in questi decenni, non è più tempo di saccheggi e di incapaci.

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