Nei decenni prima di tangentopoli si governava male, corruzione e mafia erano al top, ma il consenso era lo stesso assicurato da una spesa pubblica clientelare che accontentava tutte le fasce sociali. Con la seconda repubblica, quando il contesto internazionale non ha più permesso agli italiani di vivere al di sopra delle proprie possibilità, i nodi sono venuti al pettine. I governanti sono stati costretti per la prima volta a tagliare la spesa pubblica e il nostro Stato ha cominciato a perdere quella fisionomia di statalismo sovietico incarnatosi in un paese occidentale. Non si è però riusciti ad innescare quei cambiamenti (riforme coraggiose e mentalità liberale) che avrebbero potuto agganciare l’Italia ai paesi più civili e moderni d’Europa. E, non volendo perdere il consenso, chi in questi anni ha governato l’Italia ha sempre finito per far riforme meno incisive del necessario, tra l’altro con l’ostruzionismo dell’alta magistratura che si è sempre messa di traverso, quale guardiana a difesa dello status quo. Si creerà lo spazio per un soggetto politico post-ideologico, liberale, europeista, lontano dalle facce protagoniste dello sfascio del Paese, che riesca ad indicare in maniera convincente una strada stretta ma fattibile che conduca l’Italia fuori dalle secche della conservazione?

C’è spazio per un soggetto politico post-ideologico, liberale, europeista e lontano dalle facce protagoniste dello sfascio del Paese?
- Pubblicato il 8 Ottobre 2018
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Giuseppe Ursino
Giuseppe Ursino
CEO del JO Group, cluster di aziende nato nel 1998 con core business in digital transformation e consulenza su fondi europei
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